Prima di leggere fermatevi un attimo. Guardate adesso le vostre scarpe, osservatene la suola. Bene, ci sono moltissime possibilità che al centro di essa compaia un marchio ottagonale giallo. Se è così quelle sono suole “Vibram,”. VI(tale) BRAM(ani). Alpinista e imprenditore Vitale Bramani fu una personalità indubbiamente eclettica, vitale, istrionica e visionaria come poche ce ne sono state nella storia dell’imprenditoria italiana. Uomo capace di grandi visioni fu in primis uomo montagna. È proprio grazie alla sua esperienza alpinistica che nacque la celeberrima suola Vibram. È bello sapere che una grande storia imprenditoriale non nasca dal banale desiderio di “fare soldi”, ma da una necessità da un bisogno profondo, dalla capacità di sognare: Vitale non cercava il successo, ma qualcosa che aiutasse gli alpinisti a procedere meglio in quota, a rischiare meno…qualcosa che potesse salvare delle vite in montagna….
L’incredibile storia vera degli alpinisti Joe Simpson e Simon Yates. E’ la storia di un sogno ambizioso, il loro: essere i primi al mondo a scalare il Siula Grande, attaccato dalla parete ovest. Ma è anche la storia di un amicizia, e della corda che, durante quella terribile impresa, lega questi due giovani ragazzi. La corda che mette la vita dell’uno nelle mani dell’altro. Come sempre avviene in montagna C’è dunque una cima da raggiungere. C’è la estenuante conquista della vetta. C’è la gioia dell’impresa riuscita. E infine, quando il peggio è passato, e la strada è ormai in discesa, c’è la vita, che fa lo sgambetto e c’è la morte, che strizza l’occhio: un terribile incidente in alta quota. Joe durante una banale manovra si rompe una gamba. Da quel momento in poi, tutto cambia. L’impresa diventa riuscire a tornare vivi: a 5.800 metri, la minima frattura si può trasformare in una condanna a morte, i due ragazzi ne sono consapevoli, ma nonostante le condizioni disperate tentano un operazione di soccorso. Tutto sembra funzionare finché, proprio quando le difficoltà paiono superate ecco che c’è un altro imprevisto, questa volta fatale: e c’è allora il gesto, quel gesto che nessun alpinista vorrebbe mai trovarsi obbligato a fare: Simon è costretto a tagliare la corda che lo lega al compagno. Un gesto che separa le loro sorti unite. Che ne (s)lega i destini per sempre. Quell’atto estremo però, in questo caso miracoloso, salverà la vita a entrambi: tutti e due, riusciranno a tornare vivi al campo base. E a ritrovarsi insperatamente lì dopo 4 giorni. E’ la storia di un miracolo. Di un avventura al di là dei limiti umani Ed è al contempo una metafora: delle relazioni, tutte, e dei legami. La montagna diventa la metafora del momento in cui la relazione è portata al limite estremo, in cui la verità prende forma, ti mette alle strette e ti costringe a “tagliare”, a fare quel gesto che sempre ci appare così violento e terribile, ma che invece, a volte, è l’unico gesto necessario alla vita di entrambe.
La meravigliosa e intensa storia dell'alpinismo umano di Fausto de Stefani. Secondo italiano ad aver scalato tutti gli ottomila...ma questo, in confronto al resto, è solo un dettaglio da poco. Una storia, la sua, che super di gran lunga i confini dell'alpinismo e parla ad ognuno di noi. Alpinisti, "montagnini"...e non!
Federica è una delle più giovani e importanti figure femminili delle mondo del climbing e dell’ alpinismo contemporaneo. Non a caso è tra le poche prescelte della imminente spedizione femminile italiana sul K2. Il suo percorso, oltre a catapultarci all’interno dell’alpinismo contemporaneo è anche di grande ispirazione per chiunque, al netto che sia alpinista o meno. Nel suo libro “Fragile come la roccia” Federica si racconta cercando di trarre insegnamenti, possibili riflessioni, piccole agnizioni, dalle sue esperienze di climber poi di alpinista. Dai suoi racconti emergono temi e spunti di riflessioni che superano di gran lunga i confini della montagna: la pressione della spasmodica ricerca del risultato e la sfrenata corsa al successo, la differenza tra passione e pressione (agonistica), la dipendenza dai social e dagli sponsor….l’importanza delle relazioni, il rapporto con le emozioni, la capacità di accettare i fallimenti. Temi che attraversano le nostre vite tuti i giorni, al di là che saliamo o non saliamo sulle montagne! La storia di Guido è quella di un uomo a cui il “salire in alto” è servito per imparare a guardare in basso. Una sua celebre frase lo spiega meglio di qualunque discorso: “…per questo penso, che noi [Alpinisti] dobbiamo finalmente scendere giú in mezzo agli uomini a lottare con loro, allargando fra tutti gli uomini la nostra solidarietà che porti al raggiungimento di una maggior giustizia sociale, che lasci una traccia, un segno, tra gli UOMINI di tutti i giorni e ci aiuti a rendere valida l’esistenza nostra e dei nostri figli".
L’incredibile storia vera degli alpinisti Joe Simpson e Simon Yates. E’ la storia di un sogno ambizioso, il loro: essere i primi al mondo a scalare il Siula Grande, attaccato dalla parete ovest. Ma è anche la storia di un amicizia, e della corda che, durante quella terribile impresa, lega questi due giovani ragazzi. La corda che mette la vita dell’uno nelle mani dell’altro. Come sempre avviene in montagna C’è dunque una cima da raggiungere. C’è la estenuante conquista della vetta. C’è la gioia dell’impresa riuscita. E infine, quando il peggio è passato, e la strada è ormai in discesa, c’è la vita, che fa lo sgambetto e c’è la morte, che strizza l’occhio: un terribile incidente in alta quota. Joe durante una banale manovra si rompe una gamba. Da quel momento in poi, tutto cambia. L’impresa diventa riuscire a tornare vivi: a 5.800 metri, la minima frattura si può trasformare in una condanna a morte, i due ragazzi ne sono consapevoli, ma nonostante le condizioni disperate tentano un operazione di soccorso. Tutto sembra funzionare finché, proprio quando le difficoltà paiono superate ecco che c’è un altro imprevisto, questa volta fatale: e c’è allora il gesto, quel gesto che nessun alpinista vorrebbe mai trovarsi obbligato a fare: Simon è costretto a tagliare la corda che lo lega al compagno. Un gesto che separa le loro sorti unite. Che ne (s)lega i destini per sempre. Quell’atto estremo però, in questo caso miracoloso, salverà la vita a entrambi: tutti e due, riusciranno a tornare vivi al campo base. E a ritrovarsi insperatamente lì dopo 4 giorni. E’ la storia di un miracolo. Di un avventura al di là dei limiti umani Ed è al contempo una metafora: delle relazioni, tutte, e dei legami. La montagna diventa la metafora del momento in cui la relazione è portata al limite estremo, in cui la verità prende forma, ti mette alle strette e ti costringe a “tagliare”, a fare quel gesto che sempre ci appare così violento e terribile, ma che invece, a volte, è l’unico gesto necessario alla vita di entrambe.
Lo “statista con gli scarponi”. Così Quintino Sella viene chiamato nella densa biografia di Pietro Crivellaro. Fondatore del Club Alpino Italiano, la storia di Quintino Sella è…la storia italiana. rileggere le sue gesta e i suoi discorsi, ripercorrere le sue imprese alpinistiche (in particolare la celebre salita al Monviso ) significa ripassare attraverso una delle tappe fondamentali della storia del nostro Paese, quella della sua nascita. “Abbiam fatto l’Italia, ora facciamo gli italiani”. Ecco, a suo modo Quintino, con la fondazione del C.A.I. ha contribuito a questa (forse ancora in atto) impresa!
L’incredibile storia vera degli alpinisti Joe Simpson e Simon Yates. E’ la storia di un sogno ambizioso, il loro: essere i primi al mondo a scalare il Siula Grande, attaccato dalla parete ovest. Ma è anche la storia di un amicizia, e della corda che, durante quella terribile impresa, lega questi due giovani ragazzi. La corda che mette la vita dell’uno nelle mani dell’altro. Come sempre avviene in montagna C’è dunque una cima da raggiungere. C’è la estenuante conquista della vetta. C’è la gioia dell’impresa riuscita. E infine, quando il peggio è passato, e la strada è ormai in discesa, c’è la vita, che fa lo sgambetto e c’è la morte, che strizza l’occhio: un terribile incidente in alta quota. Joe durante una banale manovra si rompe una gamba. Da quel momento in poi, tutto cambia. L’impresa diventa riuscire a tornare vivi: a 5.800 metri, la minima frattura si può trasformare in una condanna a morte, i due ragazzi ne sono consapevoli, ma nonostante le condizioni disperate tentano un operazione di soccorso. Tutto sembra funzionare finché, proprio quando le difficoltà paiono superate ecco che c’è un altro imprevisto, questa volta fatale: e c’è allora il gesto, quel gesto che nessun alpinista vorrebbe mai trovarsi obbligato a fare: Simon è costretto a tagliare la corda che lo lega al compagno. Un gesto che separa le loro sorti unite. Che ne (s)lega i destini per sempre. Quell’atto estremo però, in questo caso miracoloso, salverà la vita a entrambi: tutti e due, riusciranno a tornare vivi al campo base. E a ritrovarsi insperatamente lì dopo 4 giorni. E’ la storia di un miracolo. Di un avventura al di là dei limiti umani Ed è al contempo una metafora: delle relazioni, tutte, e dei legami. La montagna diventa la metafora del momento in cui la relazione è portata al limite estremo, in cui la verità prende forma, ti mette alle strette e ti costringe a “tagliare”, a fare quel gesto che sempre ci appare così violento e terribile, ma che invece, a volte, è l’unico gesto necessario alla vita di entrambe.
La storia di Guido Rossa è contemporaneamente due cose: quella di uno degli scalatori più talentuosi, forti e stimati della sua epoca e quella dei grandi movimenti sociali e politici degli anni 60 e 70, di cui è stato uno dei protagonisti. Primo operaio ad entrare nella elitaria schiera degli accademici del Club Alpini Italiano Guido, dopo aver flirtato con l’ambiente “superomista – eroico” dell’alpinismo di conquista, Guido si fa via via più attento alle questioni sindacali, alle ingiustizie sociali, alle disuguaglianze economiche. Il suo impegno politico, e la sua fede nel dialogo e nelle istituzioni saranno così compromettenti da farlo entrare nel mirino delle BR che, il 24 gennaio del 1979, lo uccisero a sangue freddo sotto casa. La storia di Guido è quella di un uomo a cui il “salire in alto” è servito per imparare a guardare in basso. Una sua celebre frase lo spiega meglio di qualunque discorso: “…per questo penso, che noi [Alpinisti] dobbiamo finalmente scendere giú in mezzo agli uomini a lottare con loro, allargando fra tutti gli uomini la nostra solidarietà che porti al raggiungimento di una maggior giustizia sociale, che lasci una traccia, un segno, tra gli UOMINI di tutti i giorni e ci aiuti a rendere valida l’esistenza nostra e dei nostri figli".
L’incredibile storia vera degli alpinisti Joe Simpson e Simon Yates. E’ la storia di un sogno ambizioso, il loro: essere i primi al mondo a scalare il Siula Grande, attaccato dalla parete ovest. Ma è anche la storia di un amicizia, e della corda che, durante quella terribile impresa, lega questi due giovani ragazzi. La corda che mette la vita dell’uno nelle mani dell’altro. Come sempre avviene in montagna C’è dunque una cima da raggiungere. C’è la estenuante conquista della vetta. C’è la gioia dell’impresa riuscita. E infine, quando il peggio è passato, e la strada è ormai in discesa, c’è la vita, che fa lo sgambetto e c’è la morte, che strizza l’occhio: un terribile incidente in alta quota. Joe durante una banale manovra si rompe una gamba. Da quel momento in poi, tutto cambia. L’impresa diventa riuscire a tornare vivi: a 5.800 metri, la minima frattura si può trasformare in una condanna a morte, i due ragazzi ne sono consapevoli, ma nonostante le condizioni disperate tentano un operazione di soccorso. Tutto sembra funzionare finché, proprio quando le difficoltà paiono superate ecco che c’è un altro imprevisto, questa volta fatale: e c’è allora il gesto, quel gesto che nessun alpinista vorrebbe mai trovarsi obbligato a fare: Simon è costretto a tagliare la corda che lo lega al compagno. Un gesto che separa le loro sorti unite. Che ne (s)lega i destini per sempre. Quell’atto estremo però, in questo caso miracoloso, salverà la vita a entrambi: tutti e due, riusciranno a tornare vivi al campo base. E a ritrovarsi insperatamente lì dopo 4 giorni. E’ la storia di un miracolo. Di un avventura al di là dei limiti umani Ed è al contempo una metafora: delle relazioni, tutte, e dei legami. La montagna diventa la metafora del momento in cui la relazione è portata al limite estremo, in cui la verità prende forma, ti mette alle strette e ti costringe a “tagliare”, a fare quel gesto che sempre ci appare così violento e terribile, ma che invece, a volte, è l’unico gesto necessario alla vita di entrambe.
La storia di Guido Rossa è contemporaneamente due cose: quella di uno degli scalatori più talentuosi, forti e stimati della sua epoca e quella dei grandi movimenti sociali e politici degli anni 60 e 70, di cui è stato uno dei protagonisti. Primo operaio ad entrare nella elitaria schiera degli accademici del Club Alpini Italiano Guido, dopo aver flirtato con l’ambiente “superomista – eroico” dell’alpinismo di conquista, Guido si fa via via più attento alle questioni sindacali, alle ingiustizie sociali, alle disuguaglianze economiche. Il suo impegno politico, e la sua fede nel dialogo e nelle istituzioni saranno così compromettenti da farlo entrare nel mirino delle BR che, il 24 gennaio del 1979, lo uccisero a sangue freddo sotto casa. La storia di Guido è quella di un uomo a cui il “salire in alto” è servito per imparare a guardare in basso. Una sua celebre frase lo spiega meglio di qualunque discorso: “…per questo penso, che noi [Alpinisti] dobbiamo finalmente scendere giú in mezzo agli uomini a lottare con loro, allargando fra tutti gli uomini la nostra solidarietà che porti al raggiungimento di una maggior giustizia sociale, che lasci una traccia, un segno, tra gli UOMINI di tutti i giorni e ci aiuti a rendere valida l’esistenza nostra e dei nostri figli".
L’incredibile storia vera degli alpinisti Joe Simpson e Simon Yates. E’ la storia di un sogno ambizioso, il loro: essere i primi al mondo a scalare il Siula Grande, attaccato dalla parete ovest. Ma è anche la storia di un amicizia, e della corda che, durante quella terribile impresa, lega questi due giovani ragazzi. La corda che mette la vita dell’uno nelle mani dell’altro. Come sempre avviene in montagna C’è dunque una cima da raggiungere. C’è la estenuante conquista della vetta. C’è la gioia dell’impresa riuscita. E infine, quando il peggio è passato, e la strada è ormai in discesa, c’è la vita, che fa lo sgambetto e c’è la morte, che strizza l’occhio: un terribile incidente in alta quota. Joe durante una banale manovra si rompe una gamba. Da quel momento in poi, tutto cambia. L’impresa diventa riuscire a tornare vivi: a 5.800 metri, la minima frattura si può trasformare in una condanna a morte, i due ragazzi ne sono consapevoli, ma nonostante le condizioni disperate tentano un operazione di soccorso. Tutto sembra funzionare finché, proprio quando le difficoltà paiono superate ecco che c’è un altro imprevisto, questa volta fatale: e c’è allora il gesto, quel gesto che nessun alpinista vorrebbe mai trovarsi obbligato a fare: Simon è costretto a tagliare la corda che lo lega al compagno. Un gesto che separa le loro sorti unite. Che ne (s)lega i destini per sempre. Quell’atto estremo però, in questo caso miracoloso, salverà la vita a entrambi: tutti e due, riusciranno a tornare vivi al campo base. E a ritrovarsi insperatamente lì dopo 4 giorni. E’ la storia di un miracolo. Di un avventura al di là dei limiti umani Ed è al contempo una metafora: delle relazioni, tutte, e dei legami. La montagna diventa la metafora del momento in cui la relazione è portata al limite estremo, in cui la verità prende forma, ti mette alle strette e ti costringe a “tagliare”, a fare quel gesto che sempre ci appare così violento e terribile, ma che invece, a volte, è l’unico gesto necessario alla vita di entrambe.
ESCURSIONE TEATRALE. Ettore Castiglioni: uno degli alpinisti più famosi negli anni a cavallo delle due guerre. Gli anni dell’alpinismo eroico, della gara alla conquista delle vette, in cui la montagna era appannaggio di afflati patriottici e nazionalisti. Ma non è questo il punto. Castiglioni, verso la fine della seconda guerra entra nelle schiere della resistenza come “passeur”: mette in salvo profughi che fuggono dal regime attraverso i valichi alpini. Mette al servizio di una causa più grande le sue competenze di “guida alpina”. La sua storia non è soltanto esemplare in quanto portatrice di valori universali (l’impegno politico, la solidarietà, la scelta) ma si interseca in modo sorprendentemente rivelante con vicende e personaggi politici del tempo. Potremmo senza dubbio dire che la nostra grande storia sarebbe stata diversa se non fosse esistito Ettore Castiglioni. Il racconto indaga proprio uno degli episodi più significativi di quel periodo della sua attività.
Jim Davidson e Mike Price sono due amici. Sono una cordata. Nel 1992 decidono di scalare...la loro montagna: il Monte Rainier nello stato di Washington, Stati Uniti. Il sogno di una vita, una vetta ambita da ogni scalatore, un passaggio obbligatorio per chi, nato in America, vuole definirsi Alpinista. “The Montain” come la chiamano a Seattle. Ma le cose non sono mai come ce le aspettiamo e quella scalata non sarà solo la conquista di una vetta. Sarà un punto di non ritorno, un cammino impensato dentro alle profondità dell’amicizia, un viaggio che durerà ben più dei 4 giorni impiegati per raggiungere la cima. “Un alt(R)o Everest”, è una storia vera, non è una storia famosa, da essa non è stato tratto nessun film, ma potrebbe essere la storia di ognuno di noi. E forse lo è. Proprio per la sua spietata semplicità. Una storia che racconta le difficoltà e i passaggi obbligatori che la vita ci mette davanti. Crepacci. Non possiamo voltarci dall’altra parte e non possiamo giraci intorno ma solo attraversarli. Due amici, due vite, due destini indissolubili.
Poesie, lettere, pensieri di Antonia Pozzi ,una delle grandi voci della poesia del 900, narrata come in un flusso poetico e analogico. La sensibilità, il fascino, la generosità di una ragazza di vent’anni, innamorata della vita e della montagna e che forse perché troppo sensibile ha messo fine alla sua vita nel dicembre 1938 a soli 26 anni in un prato alla periferia di Milano. Antonia ha attraversato con ardore l’Italia fra le due guerre, in attrito silente con la sua famiglia borghese ma fatto esperienze precluse ad altre donne del suo tempo, come studiare all'università, viaggiare in tutta Europa, andare in montagna e scalare. La montagna nelle sue poesie è sempre teatro del suo mondo interiore es esteriore. È casa, è rifugio, è balsamo è ispirazione. Antonia ha esplorato il mondo e se stessa con desiderio e coraggio attraverso la poesia. Lo ha fatto con tale profondità e talento da meritarsi un posto riservato nella schiera delle grandi poetesse e dei grandi poeti della nostra storia.
La meravigliosa e intensa storia dell'alpinismo umano di Fausto de Stefani. Secondo italiano ad aver scalato tutti gli ottomila...ma questo, in confronto al resto, è solo un dettaglio da poco. Una storia, la sua, che super di gran lunga i confini dell'alpinismo e parla ad ognuno di noi. Alpinisti, "montagnini"...e non!
Escursione teatrale. Ortensia Pietrasanta, detta Ninì. Fine. Non diremo altro della sua storia. Non i dati anagrafici: ”nasce nel 1909 in Francia e muore nel 2000 ad Arese, Milano” etc. Non che “è stata una della più forti, diciamolo anche una delle pochissime, alpiniste degli annoi 20\30” etc...Non della sua celebre storia d’amore con l’altrettanto celebre alpinista Gabriele Boccalatte o del loro matrimonio o delle loro conquiste alpinistiche e che a lei è intitolato un pilastro del monte Bianco: “POINT NINì”. Tutto questo è possibile trovarlo facilmente digitando il suo nome on line. Non parleremo di lei. Cercheremo di far si che sia lei a parlare attraverso i suoi scritti. Si, perché Ninì non è stata solo una della pochissime donne alpiniste di quegli anni, ma è stata anche l’unica che ci ha lasciato qualcosa di scritto. Il suo libro “Pellegrina delle alpi” è di una densità sorprendente: c’è amore, bellezza, senso, spirito, ironia, riflessioni politiche...…tutto. Tutto ciò che la montagna è capace di contenere.
Jim Davidson e Mike Price sono due amici. Sono una cordata. Nel 1992 decidono di scalare...la loro montagna: il Monte Rainier nello stato di Washington, Stati Uniti. Il sogno di una vita, una vetta ambita da ogni scalatore, un passaggio obbligatorio per chi, nato in America, vuole definirsi Alpinista. “The Montain” come la chiamano a Seattle. Ma le cose non sono mai come ce le aspettiamo e quella scalata non sarà solo la conquista di una vetta. Sarà un punto di non ritorno, un cammino impensato dentro alle profondità dell’amicizia, un viaggio che durerà ben più dei 4 giorni impiegati per raggiungere la cima. “Un alt(R)o Everest”, è una storia vera, non è una storia famosa, da essa non è stato tratto nessun film, ma potrebbe essere la storia di ognuno di noi. E forse lo è. Proprio per la sua spietata semplicità. Una storia che racconta le difficoltà e i passaggi obbligatori che la vita ci mette davanti. Crepacci. Non possiamo voltarci dall’altra parte e non possiamo giraci intorno ma solo attraversarli. Due amici, due vite, due destini indissolubili.La storia di Guido è quella di un uomo a cui il “salire in alto” è servito per imparare a guardare in basso. Una sua celebre frase lo spiega meglio di qualunque discorso: “…per questo penso, che noi [Alpinisti] dobbiamo finalmente scendere giú in mezzo agli uomini a lottare con loro, allargando fra tutti gli uomini la nostra solidarietà che porti al raggiungimento di una maggior giustizia sociale, che lasci una traccia, un segno, tra gli UOMINI di tutti i giorni e ci aiuti a rendere valida l’esistenza nostra e dei nostri figli".
La storia di Guido Rossa è contemporaneamente due cose: quella di uno degli scalatori più talentuosi, forti e stimati della sua epoca e quella dei grandi movimenti sociali e politici degli anni 60 e 70, di cui è stato uno dei protagonisti. Primo operaio ad entrare nella elitaria schiera degli accademici del Club Alpini Italiano Guido, dopo aver flirtato con l’ambiente “superomista – eroico” dell’alpinismo di conquista, Guido si fa via via più attento alle questioni sindacali, alle ingiustizie sociali, alle disuguaglianze economiche. Il suo impegno politico, e la sua fede nel dialogo e nelle istituzioni saranno così compromettenti da farlo entrare nel mirino delle BR che, il 24 gennaio del 1979, lo uccisero a sangue freddo sotto casa. La storia di Guido è quella di un uomo a cui il “salire in alto” è servito per imparare a guardare in basso. Una sua celebre frase lo spiega meglio di qualunque discorso: “…per questo penso, che noi [Alpinisti] dobbiamo finalmente scendere giú in mezzo agli uomini a lottare con loro, allargando fra tutti gli uomini la nostra solidarietà che porti al raggiungimento di una maggior giustizia sociale, che lasci una traccia, un segno, tra gli UOMINI di tutti i giorni e ci aiuti a rendere valida l’esistenza nostra e dei nostri figli".
SPETTACOLO TEATRALE: la meravigliosa e intensa storia dell'alpinismo umano di Fausto de Stefani. Secondo italiano ad aver scalato tutti gli ottomila...ma questo, in confronto al resto, è solo un dettaglio da poco. Una storia, la sua, che super di gran lunga i confini dell'alpinismo e parla ad ognuno di noi. Alpinisti, "montagnini"...e non!
ESCURSIONE TEATRALE. Ettore Castiglioni: uno degli alpinisti più famosi negli anni a cavallo delle due guerre. Gli anni dell’alpinismo eroico, della gara alla conquista delle vette, in cui la montagna era appannaggio di afflati patriottici e nazionalisti. Ma non è questo il punto. Castiglioni, verso la fine della seconda guerra entra nelle schiere della resistenza come “passeur”: mette in salvo profughi che fuggono dal regime attraverso i valichi alpini. Mette al servizio di una causa più grande le sue competenze di “guida alpina”. La sua storia non è soltanto esemplare in quanto portatrice di valori universali (l’impegno politico, la solidarietà, la scelta) ma si interseca in modo sorprendentemente rivelante con vicende e personaggi politici del tempo. Potremmo senza dubbio dire che la nostra grande storia sarebbe stata diversa se non fosse esistito Ettore Castiglioni. Il racconto indaga proprio uno degli episodi più significativi di quel periodo della sua attività.
SPETTACOLO TEATRALE: La meravigliosa e intensa storia dell'alpinismo umano di Fausto de Stefani. Secondo italiano ad aver scalato tutti gli ottomila...ma questo, in confronto al resto, è solo un dettaglio da poco. Una storia, la sua, che super di gran lunga i confini dell'alpinismo e parla ad ognuno di noi. Alpinisti, "montagnini"...e non!